Comunque vada è sempre colpa di lei: questa è la cultura dominante che il video di Grillo ha ulteriormente confermato!

Come centro antiviolenza abbiamo riflettuto e non possiamo esimerci dall’esprimere la nostra indignazione per l’intervento dell’ex comico genovese che conferma la cultura misogina e patriarcale in cui siamo tutte e tutti immersi ed esprimiamo solidarietà e appoggio alla ragazza e a tutte le donne che subiscono violenza sessuale.

Grillo si permette di giudicare il tempo necessario ad una donna per proporre querela, affermando che sarebbe passato troppo tempo dal fatto al momento della denuncia, otto giorni per la precisione, e, proprio per questo periodo decorso, gli eventi così come indicati nella querela non sarebbero secondo lui veritieri.

A questo punto che cos’è che determina la verità del fatto? E’ quindi il tempo che stabilisce la veridicità delle dichiarazioni delle  donne che subiscono violenza?

Ma è proprio la legge che prevede che i tempi della querela per questo tipo di reati possano essere lunghi, data la complessità delle situazioni che si verificano in caso di violenza sessuale. In cosa risiede questa complessità? Sicuramente un fattore schiacciante è la cultura maschilista che addossa alla donna la colpa di quanto avvenuto con stereotipi del tipo: “hai provocato”, “eri vestita in modo troppo spinto”, “è piaciuto anche a te”, “non hai denunciato subito quindi stai mentendo” “non dovevi trovarti in quel posto a quell’ora”. Tutti argomenti che finiscono per fare ricadere sulle donne le colpe dei loro aggressori, in un processo di vittimizzazione secondaria che deve finire.

Una donna quindi che ha subito stupro può, nonostante sia la vittima, sentirsi in colpa a causa dei terribili condizionamenti culturali. Può inoltre provare vergogna nel rendere pubblico, con la denuncia, qualcosa di intimo e nello stesso tempo tremendo che ha subito. Può avere paura. Di cosa? Di non essere creduta, per esempio e dei processi in cui gli avversari scandaglieranno la sua vita privata per metterla comunque dalla parte del torto. “Cosa dirà la gente?” “Tutti sapranno tutto” “Che idea si faranno le persone di me?” possono essere solo alcuni dei pensieri ricorrenti. E poi occorre considerare che lo stupro per la vittima è un vero e proprio trauma e come in ogni trauma i processi di pensiero sono confusi, complessi. E’ difficile arrivare alla consapevolezza della violenza subita. Il vissuto traumatico resta spesso latente e si manifesta in modi non sempre comprensibili.
Processi psicologici delicati e ambiente culturale sfavorevole alle donne sono i due potenti deterrenti che possono far ritardare la denuncia e la ricerca di giustizia o portano addirittura a non rivelare l’accaduto.
Come centro antiviolenza conosciamo bene le dinamiche terribili del maltrattamento e della violenza. Sappiamo quanto sia difficile per una donna denunciare e quanto i suoi tempi di elaborazione possano non coincidere con quelli di chi subisce altro tipo di reati.
Perché non sono i tempi della querela che minano l’attendibilità di una donna, né come era vestita, né a che ora era uscita di casa, né i luoghi che frequenta.
Non  lo sono affatto.